Il comandante ha già sentito il bollettino, ci comunica che non è dei migliori, siamo titubanti, ma lui dice che se vogliamo si può andare. Conoscendo la sua prudenza e la sua esperienza non ce lo facciamo ripetere una seconda volta, pur sapendo che sarà dura. L'unica speranza è che non ci si metta anche la pioggia.
La barca è lì ormeggiata che ci aspetta, e in assetto da lavoro, sembra un cavallo con l'armatura , pronto a partecipare alla giostra medioevale. Mi ricordo quella volta che siamo entrati in un porticciolo della Corsica per andare a mangiare il “pan bagnà”, in mezzo a motoscafi e yacht da sogno, un folto gruppo di pescatori e anziani del posto si era radunato sulla banchina per guardarla, lei fiera con il suo assetto da pesca, con il salpa palamiti che sporgeva dalla poppa, illuminata dalla luce della sera, gli ha sfilato davanti come una prima donna. Sulla sinistra fissate ai candelieri una trentina di canne per montare le bandiere, palloni di vari colori legati a gruppi di tre sporgono dalla murata, sul tetto una serie di arpette ben affilate. Una pila di cassette, la manichetta,il secchio, i piatti e i bicchieri lasciati ad asciugare dal giorno prima occupano il ponte. Tutta l'attrezzatura è sotto coperta.
Il comandante è già li, ha fatto sentina, e ci attende con i motori accesi, lo scarico sbuffa spruzzi d'acqua dalle bocchette di poppa.
Il sole è alto nel cielo, sono le 13.30, l'equipaggio è arrivato, ci sono tutti, allentiamo gli ormeggi di prua, si comincia a caricare, l'afa del porto si fa sentire. Un passamano frenetico di scatole di sgombri surgelati; chi riempie la cambusa, chi controlla il livello del gasolio, si caricano le sacche con i vestiti e le cerate, ci siamo tutti?. Mollati gli ormeggi si parte, in uscita dal porto il benzinaio ci saluta con un sorriso di buon augurio, lui sa che torneremo con dei pesci.
Un susseguirsi di paesaggi ci aspetta, prima, pescatori con le canne tutti ordinati sulla massicciata del porto, poi turisti in pedalò e canoa, un gommone che fa da chioccia a una serie di optimist che lo seguono in fila indiana, qualche gozzo al bolentino, un motoscafo con il tendalino e due ragazze in topless che prendono il sole sulla prua, più allargo una barca che traina e poi perdiamo di vista la costa.
Si comincia, fervono i preparativi. Primo lavoro è aprire la stiva e spostare tutta l'attrezzatura sul ponte, le ceste della spadera vengono passate con cura facendo attenzione a non fare cadere gli ami puntati in ordine lungo il perimetro, poi i pesi per le bandiere, una serie di sacchi di iuta contenenti le boette fatte con pezzi di polistirolo, e preparati con maestria dal comandante durante l'inverno, alcuni sono compattati dalla pressione subita perchè trascinati chissà a quale profondità e chissà da quale pesce, il faro di poppa e il faro a mano. Nello specchio di poppa ci sono gli sgombri da scongelare,il ponte è pieno di attrezzature, ora lo spazio è esiguo ma tutti si muovono senza difficoltà.
Il timoniere mantiene lo rotta prestabilita, e tutti sanno che alla fine della cala ci troveremo là dove il cielo e il mare si incontrano.
Si decide poi quando cominciare a calare, chi dice che i pesci sono allargo e propone di non calare prima di tre ore, chi ricorda che le previsioni meteo non sono buone e propone due ore e mezza, alla fine decidiamo di calare comunque a tre ore dalla costa e di cominciare a tirare un'ora prima del solito.
Al binocolo si scruta il mare, da levante a ponente per vedere se qualche altra imbarcazione sta andando a calare, si comincia con il preparare le luci per le bandiere anche se quelle di terra le caleremo scure, perchè quando arriveremo a salparle sarà giorno. Si bagnano le ceste, prepariamo un paio di sacchi di boette aperti, anche per controllare che le sagole non siano aggrovigliate, manca ancora un'ora, qualcuno ne approfitta per farsi un pisolino, gli altri radunati a poppa si raccontano storie di spadere passate bevendo un bicchiere di vino, le navi ormai ci passano di terra, le vediamo all'orizzonte. Il rumore dei motori che girano al minimo e la folle innestata ci annunciano che ci siamo, si comincia la cala. Non servono ordini ognuno è al suo posto, il comandante al timone di poppa, posiziona un coltello tra i comandi pronto per qualsiasi evenienza, la prima bandiera tocca l'acqua, gli sputiamo come rito propiziatorio e i motori cominciano a girare fino ad arrivare alla velocità di crociera, la catena della cala è cominciata, adesso non c'è più neanche il tempo di fumare una sigaretta, uno si occupa di calare, assistito da chi innesca, chi lega le boette, una ogni cinque ami, un gruppo di palloni ogni dieci boette, e una bandiera ogni cinque palloni, chi prepara le bandiere e le boette, chi si occupa di staccare gli sgombri ancora semi congelati, e chi segue un po' tutti pronto a intervenire in caso qualcosa andasse storto. La spadera lascia la prima cesta ad una velocità sorprendente, sembra quasi impossibile che tutto ciò possa accadere, merito dei pescatori siciliani che ci hanno assistito per diversi anni. Il comandante al timone è concentrato sulla rotta da tenere e sull'uomo che cala ma soprattutto sui comandi, pronto a rallentare in una frazione di secondo se qualcosa andasse storto. Quando caliamo, mi torna sempre in mente di quella volta che, calava il comandante. Avevamo appena iniziato. Il mare era calmo come questa sera, tutto filava liscio come al solito, ma quando abbiamo mollato la terza bandiera il palamito è schizzato fuori dalla cesta ad una velocità impressionante conficcando un' amo nella mano del comandante, il timoniere pronto ha rallentato l'andatura mettendo in folle e poi in dietro tutta, ma l'abbrivio e il pesce che tirava da dietro non hanno permesso di allentare la tensione del palamito che teneva stretto il comandante tirandolo verso il mare. Non c'è stato il tempo di tagliare, per fortuna l'amo non si era conficcato completamente e tutto si è risolto con una brutta ferita alla mano. Mentre ci si occupava di medicare il comandante i motori hanno ripreso a girare e la cala è ripartita. Quel pesce probabilmente un tonno il giorno dopo non lo abbiamo trovato. Li alla terza bandiera di terra c'era un enorme groviglio ma lui si era liberato, credo sia stata l'unica volta che non sono stato dispiaciuto di aver perso un pesce.
Siamo al cambio cesta, si rallenta leggermente l'andatura per assicurarsi che il palamito esca senza problemi, ma poi si riprende subito con l'andatura di cala, non possiamo permetterci di perdere tempo ci sono venti chilometri di spadera da calare. Come una catena di montaggio tutto prosegue ad una velocità frenetica, ma per noi ormai normale, a metà della seconda cesta cominciamo con le bandiere luminose, guardo verso terra, ne riesco a vedere tre le altre si perdono nell'orizzonte, qualcuno controlla con il binocolo, nella speranza di vedere una bandiera fuori dalla retta che le allinea, trascinata da un pesce.
Il sole si comincia a tramontare, siamo alla terza cesta, finiremo quando sarà buio, uno si occupa di controllare ancora con il binocolo che non ci siano altre imbarcazioni che calano, poi si ascoltano eventuali trasmissioni sul VHF e sul CB, questa sera siamo soli, meglio così, anche perchè a volte durante la notte le imbarcazioni veloci, come pirati, si spostano su altre spadere alla ricerca di un pesce da “catturare”. Il sole cade nel mare, questo è l'unico momento in cui il rosso prevarica sul blu, presto il cielo si illuminerà di stelle tante quante in città è impensabile possano esistere. L'ultima bandiera viene mollata, guadagniamo un po' di corrente e poi si spengono i motori e il silenzio ci avvolge, regalandoci un attimo ti tranquillità. Qui non ci sono odori, qui non ci sono rumori. L'unico odore è quello del mare, unico e inconfondibile, lo stesso che accomuna tutti i marinai del mondo. L'unico rumore è quello del vento e delle onde che si infrangono, ma nelle serate di calma il silenzio è da ascoltare. Per alcuni secondi nessuno parla, gli unici rumori sono provocati dai passi dell'equipaggio, sono solo pochi secondi, ma degni di nota, poi il vociferare rompe il silenzio.
Il ponte è già quasi completamente in ordine, lo sciacquiamo con la manichetta per togliere la puzza degli sgombri, sistemate le ultime cose ci si raduna tutti a poppa per la cena. I sacchi di iuta delle boette anche se intrisi da anni di salsedine e umidità li usiamo per sederci. Il momento è conviviale, ci si raccontano storie passate, il cibo è sempre ottimo, ognuno ha contribuito, ci sono poi delle cose che non mancano mai, come il paté e le pere perché portano bene, il vino è sempre ottimo, poi si aspetta il bollettino delle 22,30 in AM raccontato da una radiolina tascabile, sembra impossibile che arrivi fino a quassù. Un giro di Rum che qui ti esplode in bocca esaltando una serie di sapori e odori indescrivibili, si trasforma come se fosse una bevanda magica, e forse lo è. Mi piacerebbe una volta portare qui un amico, di quelli che non ci sono mai stati, a berci un bicchiere di Rum e ad ascoltare il silenzio per tutta la notte. Come già sapevamo le previsioni non sono delle migliori, ci dividiamo i turni di guardia e ci infiliamo vestiti nelle cuccette pronti a qualsiasi evenienza, il sonno di poche ore è spezzato dai motori che si accendono per riportarci vicino all'ultima bandiera. E' il mio turno, il buio è penetrante, le stelle sono luminose, molto più che in città, l'unica luce accesa è quella in testa d'albero, vedo l'ultima bandiera a circa un miglio dalla nostra posizione, per il momento è tutto ok, i rumori del mare sono incredibili, sento l'acqua che batte lentamente e ritmicamente sotto la poppa, è un rumore lieve, quasi ovattato, poi gli sbuffi dei delfini che nuotano rilassati intorno alla barca come per salutarci prima di riprendere il loro viaggio, sono vicini ma non riesco a vederli. Poi molto lontano una balena, lo sbuffo è diverso, so che non si avvicinerà.
Il buio è spezzato dal sorgere della luna, adesso mi aspetto il vento. Mi ricordo di quella sera, il mare era incredibilmente piatto, l'umidità della notte mi era entrata nelle ossa, osservavo una nave che veniva in su diretta chissà dove, vedevo la sua luce verde, l'unica preoccupazione era quella che non tagliasse il palamito. Distratto ad ascoltare i rumori del mare quando ho guardato di nuovo verso terra, la nave era già molto vicina, aveva cambiato la sua rotta, ora vedevo chiaramente il verde e il rosso, segno che la sua prua era puntata verso di noi. Con la luce di fonda sicuramente ci ha scambiato per una delle nostre bandiere, allora ho acceso i motori e le luci di posizione, poi ho innestato la marcia avanti e al minimo mi sono diretto verso di lei, sperando di farle cambiare rotta. Il resto dell'equipaggio ha continuato a dormire, anche perché la manovra era la classica manovra di avvicinamento alla spadera. Ora le mostravo il verde e il rosso anch'io, ma lei imperterrita continuava per la sua rotta, veniva verso di noi parallela al palamito, poi il silenzio della notte è stato rotto da una musica che si faceva sempre più intensa, segno che era una nave da crociera. L'enorme prua. Adesso molto vicina ha oscurato tutte le luci. Non avevo nessuna possibilità. Mi sono messo tra lei e il palamito, è veramente molto vicina, adesso sento il rumore dell'acqua tagliata dalla sua prua, è mastodontica ma anche molto veloce, poi di nuovo la musica, mi mostra il fianco. Per vedere il ponte illuminato devo guardare verso l'alto come se cercassi di guardare le stelle, è piena di persone intente a ballare, a giocare al casinò, che non si rendono nemmeno conto in quale posto meraviglioso si trovano. Il rumore dei motori mi scuote, mi rendo conto che non posso prendere la sua scia al traverso, l'unica possibilità e quella di virare e di andarle in contro. Anche se è molto veloce sono talmente vicino che non gli passerò dietro, decido di innestare la folle, aspetto una decina di secondi, lei mi sfila sotto la prua, il rumore dei suoi motori adesso è sconcertante. Ci siamo, spingo i comandi in avanti e accelero leggermente, si balla, gli sfiliamo fuori dietro la poppa. Il mare è bianco, l'equipaggio si sveglia, le attrezzature sul ponte rotolano ovunque, mi chiedono se è arrivato il cattivo tempo, io rispondo che era una scia, tutti tornano a dormire. Mentre rimetto in ordine il ponte vedo la sua possente poppa illuminata dalla luna che si allontana velocemente come è arrivata, il ruggito dei motori scompare lasciando il posto al rumore del turbinio dell'acqua spostata dalle sue enormi eliche, poi torna il silenzio della notte.
Il vento. Puntuale si è presentato nel cuore della notte. E' ora, vado in cabina e accendo la luce, poi giro le chiavi di accensione in posizione di riscaldamento, conto venti secondi anche perchè le spie non funzionano e poi un ulteriore spostamento verso destra mette in moto i motori.
L'equipaggio lascia l'afa della cabina, e in pochi minuti tutti sono sul ponte pronti a salpare.
Ci avviciniamo con un andatura lenta alla prima bandiera per dare modo a tutti di posizionarsi ai loro posti e di fumarsi tranquillamente una sigaretta.
Issata a bordo la prima bandiera procediamo paralleli al palamito, l'uomo al faro di prua illumina le boette, per indicare la rotta da tenere al timoniere, Le mani che salpano il palamito si incrociano velocemente sulla madre mantenendo sempre lo stesso ritmo passando con maestria i brocchi con gli ami a chi si occupa di puntarli con un'ordine preciso sul perimetro della cesta, pronti per essere nuovamente calati.
Le boette man mano che arrivano vengono riavvolte dalla loro sagola e riposte nei sacchi di liuta, le bandiere smontate, pesi, luci, e palloni, ogni cosa al suo posto.
Arrivano le onde. Si comincia a ballare. Tutti sono ai loro posti e assecondano il mare restando in piedi e continuando a salpare come se niente fosse successo. Adesso il mare è bianco, l'uomo al faro fa molta fatica a distinguere le boette bianche dai frangenti e a tenere il faro puntato sul mare. La prua sale e scende in continuazione, il vento gli sbatte addosso gli spruzzi delle onde che nel buio della notte arrivano invisibili e imprevedibili, ma comunque sempre dalla stessa direzione.
Una boetta è in verticale, l'uomo al faro grida per sovrastare il rumore del vento :”boetta che beve”. Non è possibile vedere le prossime nel marasma di onde e schizzi che entrano nello spot del faro. Tutti sono in allerta probabilmente ci stiamo avvicinando ad un pesce. Poi due boette insieme e il palamito comincia a venire dal fondo. L'uomo che salpa adesso rallenta il ritmo e si aiuta con la schiena il nailon della madre è teso come una corda di violino, i motori sono avanti al minimo, e il timoniere con maestria gestisce le continue variazioni di direzione del palamito evitando di farlo finire nelle eliche. Il vento e il mare rendono questa operazione quasi impossibile. Il pesce continua a lottare, e guadagna filo facendolo scivolare pericolosamente dalle mani che stanno cercando di assecondarlo, un paio di ami di quelli già salpati vengono tolti dalla cesta pronti ad essere mollati dietro al pesce. Adesso le manovre si fanno più frenetiche. Un motore avanti e un motore in dietro, si sentono le accellerate interrotte da momenti di giri al minimo. La lotta continua. Mi chiedo da quante ore sta lottando questo pesce e se è solo. Mi ricordo di quella notte, il mare era calmo e senza vento, la luna spezzava il buio e la notte non riusciva a prendere il sopravvento. Il pesce aveva lottato con tutte le sue forze, ormai era vicino alla barca e il faro a mano puntato verso il fondo ad un certo punto ha illuminato la schiena nera di un' altro pesce che gli nuotava accanto. Il suo compagno che cercava di liberarlo o forse solo di accompagnarlo verso la superficie nuotandogli accanto fino agli ultimi minuti. Poi da dietro la poppa emerge nel buio prima la spada e poi la testa adagiandosi su di un fianco ormai quasi immobile. Il suo compagno era sparito, chissà se continuava a seguirci a distanza.
A bordo la lotta continua, il pesce ad un certo punto si affaccia, è enorme, passa i cento chili, l'adrenalina sale, le arpette sono pronte una a poppa infilata nel porta canne e una in mano all'uomo pronto ad arpettare il pesce alla prima occasione. Il mare ci arriva di prua, poi al traverso, la barca continua a cambiare direzione seguendo i movimenti del pesce. E' quasi impossibile restare in piedi. Adesso le mani che tirano il palamito stanno guadagnando filo, ormai la lotta ha passato i trenta minuti, il buon lavoro dell'equipaggio e della barca hanno il sopravento. Il pesce ormai stremato come l'uomo che lo sta tirando. Si affaccia di nuovo, è a tiro. L'arpetta non sbaglia.
E' li appoggiato al nostro fianco le due arpette lo tengono ben saldo, lo prendiamo per la coda e per la spada avvolgendola con un sacco delle boette per proteggerci le mani e con un movimento sincronizzato in quattro lo issiamo a bordo. E' veramente grosso, chi dice 120 chili, chi almeno 140, ma non c'è tempo da perdere, tagliate le doppie e il groviglio, si giunta la spadera ci si scambiano i ruoli e si ricomincia a salpare. Passato il momento di adrenalina, per alcuni di noi si ripresenta la nausea, credo che il posto peggiore in una notte come questa sia al faro, le onde che si frangono per il vento sotto la prua ti bagnano in continuazione, e gli occhi intenti a cercare le boette nella notte dopo un po' cominciano a bruciare e stare in piedi cercando di governare il faro è molto difficile.
Il mare ti taglia le gambe e la sensazione di nausea ti fa sentire uno straccio, sono tutto bagnato dagli spruzzi, ma non ci si può fermare. Mi ricordo di una notte terribile, il mare ci portava su e giù ritmicamente, la classica onda lunga, per alcuni di noi è la peggior condizione. Cominciava ad albeggiare si vedevano le boette, ma la prossima bandiera non si faceva trovare, tutti speravamo in un pesce anche se consapevoli che ci trovavamo sulla rotta dei traghetti. Il palamito diventava sempre più molle e ad un tratto un groviglio segnava la fine. La nave aveva tagliato. Come da un' epidemia eravamo decimati dalla nausea. Non potevamo lasciarle prendere il sopravvento. Calcolata la direzione della corrente ci siamo messi alla ricerca, un uomo sulla prua con il binocolo, uno al timone e uno che sistema il ponte, dando una mano alla ricerca, qualcuno sgroviglia le doppie fatte dai pesci. Ci aspettava un'estenuante ricerca viste le nostre condizioni, dopo circa un'ora abbiamo ritrovato il palamito, la corrente e il vento lo avevano portato in terra e molto a ponente. Eravamo quasi davanti a Capo Mele anche se la costa ancora non si vedeva. Legate le due madri, quella nella cesta e quella in mare abbiamo ricominciato a salpare portando a termine come sempre il nostro lavoro. In tanto a bordo ci sono altri due pesci e qualche verdone anche se qui siamo troppo al largo, le verdesche stanno più a riva, sulla rotta delle navi. Un verdone è arrivato con due ami in bocca, mangiata la prima esca ha tirato il palamito non nel tentativo di liberarsi, ma come una macchina da guerra per mangiare un'altra esca. La prua si tuffa nelle onde il mare è bianco, il vento spazza il ponte e la fatica comincia a farsi sentire, ma tutti sanno che non possono perdere la concentrazione. Il faro continua a cercare. Le boette a volte ospitano un gabbiano novello che si riposa sopraffatto dalla notte e dal cattivo tempo, infastidito dal nostro avvicinarsi vola via e dopo due colpi di ali sparisce divorato dal buio. Chissà cosa ci faceva quassù. Animali inaspettati si incontrano qui in mezzo al mare, una libellula che atterra sul tetto della cabina come un elicottero della guardia costiera, una farfalla dall'aspetto fragile e delicato che lotta contro il vento approfittando della nostra presenza per riposarsi solo alcuni minuti. Albeggia adesso è il momento peggiore per seguire il palamito, questa luce non luce, inganna gli occhi che cercano e guidano il faro. L'orizzonte è arancione e segna l'est mentre la, dove un meraviglioso tramonto ci ha salutati ieri è ancora buio. Il sole spacca la linea dell'orizzonte e il vento cessa all'improvviso come spento da un interruttore. Il mare torna ad essere nero e le onde cominciano a farsi più gentili anche se, qualche onda minacciosa che sembra volerci entrare sul ponte da poppa arriva ancora. L'uomo che salpa chiede il cambio, ne approfittiamo tutti per toglierci le cerate, scambiarci i ruoli e per fare due tiri di sigaretta, anche perché durante la notte è stato impossibile fumare. E' giorno ora si vedono bene le boette cullate dalle onde, e le bandiere allineate da una retta spezzata dal vento e dal mare. Siamo ormai verso la fine dell'ultima cesta e una bandiera è vistosamente a ponente, le boette sono sparite e il palamito arriva dal fondo facendosi sempre più teso e pesante. L'uomo che salpa non sente le testate del pesce, probabilmente è morto. La tensione è alta. Cominciano lentamente a riemergere le boette, poi anche un gruppo di palloni, il palamito ora ci gira dietro, facciamo attenzione alle eliche e poi all'improvviso emerge, come sempre, la spada, poi la testa e adagiandosi su di un fianco ci mostra la sua stazza. L'ultima bandiera segna la fine del palamito, ma ci aspettano ancora tre ore di navigazione per raggiungere la terra e concludere la nostra giornata di pesca. Il comandante entra in cabina e imposta la rotta per riportarci a casa, una volta si tornava con la bussola calcolando lo scarroccio che avevamo fatto durante la notte, poi siamo passati al Loran, sistema di navigazione a onde radio che copriva il mediterraneo, adesso torniamo con il gps interfacciato al pilota automatico.
I giri dei motori si portano a velocità da crociera c'è ancora molto lavoro da fare, salare gli sgombri recuperati e metterli nella ghiacciaia, pulire i pesci, spelare i verdoni e prepararli nelle cassette in filetti, sbrogliare le doppie fatte dai pesci e sistemare l'attrezzatura sotto coperta. Il mare di poppa ci regala qualche onda che ci fa planare verso terra.
Mi ricordo che da ragazzino non rientravamo in porto, ma si arrivava con i motori in folle solo con un leggero abbrivio con la prua sulla spiaggia di Varigotti. Una folla di gente ci aspettava per vederci scaricare i pesci. Facce incredule abituati a vedere tali animali solo nei documentari non si spiegavano come poteva essere che queste creature vivessero lì, nelle stesse acque che bagnano i loro canotti e materassini tutti i giorni. Ho sentito mamme vietare ai bambini di fare il bagno. Le facce più stupite le ho viste quelle volte che sbarcavamo qualche grosso verdone, o al ritorno dalla pesca del pesce vacca, un'enorme squalo di profondità che raggiunge qualche tonnellata di peso.
Arrivati in porto si sbarcano i pesci, ci passiamo le nostre sacche e torniamo a casa. Alle prime uscite della stagione, una volta a terra, continuavo a ballare per diverse ore come se fossi ancora in mare. Ma dopo un po' ci si abitua. Prima di tornare a casa passo dalla spiaggia a salutare gli amici e a fare un tuffo in mare per togliermi di dosso il caldo del porto e la stanchezza. La sera dopo cena li raggiungo al muretto, passo qualche ora con loro, ma quando partono per la serata li saluto e torno a casa, domani alle 13.30 con la mia sacca sulle spalle sarò li davanti al bar Ancora un tempo Zuccaro aspettando l'auto che mi condurrà in porto.
Massimo.