Dicembre, la spiaggia di Varigotti è battuta dalle onde che arrivano da Sud Ovest, il vento di Libeccio placato dalla Tramontana che ormai lo sovrasta, il mare è in scaduta, fa freddo, la, leggera ma pungente pioggia amplificata dalle raffiche di vento accompagna la mia passeggiata sulla spiaggia.
Una vecchia lamiera arrugginita sale e scende sul bagnasciuga spinta e risucchiata a ritmo dalle onde, come se il mare non la volesse lasciare.
Tento di recuperarla senza bagnarmi, ma l'impresa è impossibile, decido di proseguire la mia passeggiata continuando a pensare a quel vecchio pezzo di lamiera, a cosa era stato, da dove poteva arrivare. Giunto all'altezza della chiesa il profumo del pane appena sfornato riempie l'aria, lascio la spiaggia, attraverso l'Aurelia e vado dall'Enrica con la speranza di trovare ancora un pezzo di focaccia.
La vecchia panetteria ormai si è modernizzata, con tanto di porta automatica e lancia termica d'estate, l'Enrica è sempre la stessa, i soliti saluti, mi chiede se fa freddo anche a Milano, pago ed esco con la focaccia. Proseguo il mio cammino verso il molo, passo davanti al negozio che una volta era il giornalaio, dove compravamo oltre ai fumetti i muriddu per andare al bolentino. Poco prima del tennis mi fermo, mi accendo una sigaretta e guardo la giostra silenziosa, addormentata, coperta dai teli invernali per proteggerla dalla salsedine. La giostra, credo sia sempre stata li, me la ricordo da quando ero bambino. Fuori stagione, si incontrano poche persone, e a volte mi chiedo guardando uno sconosciuto se da piccolo è passato anche lui dalla giostra. Il mio pensiero ritorna a focalizzare la vecchia lamiera arrugginita coccolata dalle onde e proseguo il mio cammino. Attraverso il paese vecchio sovrastato dalla torre saracena che caratterizza punta Crena, in un attimo sono in piazza Cappello da Prete, uno sguardo al barometro, imbocco vico Barbarea e in pochi passi sono in piazza dei Pescatori, che, accompagnata dal molo, si apre sul mare. Le raffiche di tramontana si fanno più insistenti, il mare cambia colore e le onde lentamente si ritirano lasciando sulla spiaggia una linea retta che va dal molo allo scoglio lungo, i due capi della spiaggia, da levante a ponente. Decido di tornare seguendo la linea disegnata dalle onde, formata da alghe, pezzi di legno levigati dalle correnti, e piccoli detriti di ogni genere, con la speranza di trovare la vecchia lamiera. Distratto da tutti quegli oggetti portati dal mare e dai gabbiani che rientrano dopo una giornata di caccia per passare la notte e riprendere le forze. In un attimo mi ritrovo a metà paese, alzo lo sguardo e la vedo la. La vecchia lamiera, arenata sulla spiaggia come se fosse conscia di essere ormai inutile, di essere arrivata alla fine, di non avere più nessuno scopo. Mentre percorro il centinaio di metri che ci separa mi viene un' idea per darle una nuova vita. La raccolgo, è bellissima, ha una ruggine spessa e una grana grossa che solo il mare può fare, come le rughe scavate nei volti dei pescatori con tante storie da raccontare ma che nessuno vuole più ascoltare.
Tornando verso casa passo dove una volta c'era il banchetto del pesce dell'Angioletta, è stato li per tanti anni forse da sempre tant'è che se ne sente ancora la presenza. Ci passavo tutti i giorni e una volta alla settimana con mio nonno ci fermavamo a comperare il pesce, arrivavo a fatica a vedere e a volte mi mettevo in punta di piedi, c'erano pesci dei tremagli, pesci dei palamiti e della spadera, pesci della cianciola e del mercato di Savona. Ricordo le mani dell' Angioletta che pulivano sapientemente, quasi meccanicamente le acciughe mentre lei parlava con i clienti incurante delle vespe che gli ronzavano attorno, forse avevano stretto un tacito accordo di convivenza. I pesci li avvolgeva in un foglio di giornale e li allungava ai clienti sporgendosi al di là del banco. Di fronte attraversando la via Aurelia il benzinaio e meccanico, dove Franco ci riempiva la tanica di miscela per il fuoribordo della lancetta pompando a mano sulla leva del distributore.
La mia idea comincia a prendere forma, il mare, la vecchia lamiera, il giornale.
La luce fredda e traballante al neon della cantina illumina le mie mani che scorrono sulle rughe della vecchia lamiera, quasi accarezzandola, ne percepisco una sorta di calore pronto ad esplodere, sento l'odore del mare, il sapore del sale sulla sua pelle, la tentazione è forte e come un bambino la assaggio timidamente con la punta della mia lingua. Le sensazioni che immaginavo sono diventate reali, il sapore selvaggio del mare ha riempito la mia bocca. Le mie mani sono ricoperte di ruggine, la mia pelle assorbe la sua storia che solo la mia immaginazione può raccontare. Guidato dal suo volere, prendo gli attrezzi e comincio a darle forma.
Max